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La ritenuta fiscale e l’oppio dei “sostituiti”: un caso di disobbedienza tributaria

Un articolo pubblicato dal quotidiano Il Sole 24 Ore in data 16 novembre 2010, a firma di Guido Gentili, riporta l’attenzione del lettore sulla figura del sostituto d’imposta e sulla funzione che tale soggetto svolge all’interno del nostro sistema fiscale.

L’argomento della “sostituzione” è perfettamente noto agli studenti che frequentano, in questo periodo dell’anno, il corso base di Diritto tributario presso la Facoltà di Economia dell’Università di Padova, presso la quale io insegno dal 2001.

Tali studenti sanno bene che il sostituto è debitore nei confronti del sostituito, applica imposte - sotto forma di trattenuta - sulle somme versate al creditore e procede, in un secondo tempo, a trasferire al Fisco la cifra corrispondente alle ritenute operate.

Le disposizioni riguardanti la sostituzione tributaria si sovrappongono, così, alle pattuizioni intervenute tra il sostituto e il sostituito, con la conseguenza che il primo soggetto potrà reputarsi “adempiente” (sul piano, appunto, del diritto civile) anche se la somma versata al secondo è inferiore a quella prevista nel contratto (ciò, appunto, a causa della ritenuta).

È chiaro che il sostituto non versa al Fisco l’imposta dovuta sul proprio reddito o su proventi ad esso (sostituto) spettanti. Al contrario, il sostituto versa l’imposta “al posto” del sostituito, determinandola con riferimento a situazioni economiche (compensi, retribuzioni, dividendi, interessi eccetera) che allo stesso sostituito sono giuridicamente ascrivibili. Per tale motivo, il sostituto è obbligato all’esercizio della rivalsa sul sostituito, allo scopo di evitare un’incisione fiscale su ricchezze che, come ho spiegato, non gli appartengono (il sostituto è infatti debitore – lo ripeto – nei confronti del sostituito).

L’istituto della sostituzione esercita, in questo modo, un non trascurabile impatto sulla dichiarazione tributaria.

Quando la ritenuta è effettuata “a titolo definitivo”, il sostituito è invero esonerato, limitatamente al provento fiscale sul quale viene calata la citata ritenuta, dalla presentazione della dichiarazione. La ritenuta eseguita dal sostituto è capace, in questo caso, di azzerare la pretesa del Fisco, con evidente, tangibile effetto di semplificazione sul versante amministrativo-dichiarativo. Qui l’Amministrazione può evitare il controllo su un numero davvero consistente di contribuenti e circoscrivere la propria attività ispettiva alla cerchia – decisamente più limitata – dei sostituti. Se si considera che gran parte delle ritenute a titolo definitivo gravano su redditi di natura finanziaria (interessi, differenziali, eccetera) o remunerazioni del capitale investito (dividendi, interessi), si può con facilità comprendere come sia agevole, dal punto di vista del Fisco, controllare una banca o una società assicurativa piuttosto che mille investitori.

Quando la ritenuta è effettuata “a titolo di acconto”, invece, l’impatto sulla dichiarazione si concentra nel settore dedicato, nell’ambito di quest’ultima, alla liquidazione dell’imposta dovuta. L’espressione “d’acconto” significa, in effetti, che il prelievo eseguito dal sostituto rappresenta un’anticipazione dell’imposta dovuta, a saldo, dal sostituito. Quest’ultimo non è perciò esonerato dalla presentazione della dichiarazione, ma potrà avvalersi della scheda dichiarativa per opporre al Fisco le ritenute subite in occasione del pagamento delle retribuzioni, dei compensi, degli interessi e così via.

Di “sostituzione d’imposta” si sono recentemente occupate anche le cronache nazionali, che hanno fatto riferimento al caso di un imprenditore (se non erro, residente nella provincia di Pordenone), il quale, nel quadro di una iniziativa di “disobbedienza fiscale”, avrebbe deciso di corrispondere le retribuzioni ai propri dipendenti senza effettuare, su codeste somme, la trattenuta fiscale prevista dalla legge.

A quanto pare, lo schema argomentativo sul quale s’incentra questa singolare iniziativa fa leva sul concetto di “inconsapevolezza fiscale” del sostituito.

Il modello della sostituzione tributaria sarebbe infatti costruito – rimanendo sulla linea del nostro imprenditore - in modo tale da impedire al possessore del reddito di percepire appieno l’effetto di depauperamento generato dal prelievo fiscale. Detto altrimenti – e con un po’ di provocazione – la ritenuta fiscale rappresenterebbe una sorta di antidolorifico oppiaceo capace di generare sul malcapitato sostituito uno stato di intorpidimento mentale, di irrimediabile intontimento, fino a tramutarsi in vera e propria inconsapevolezza quanto alla pressione fiscale che insiste sulla ricchezza prodotta.

Il contribuente si troverebbe così a vivere in una peculiare dimensione di insufficienza cognitiva e, de plano, non sarebbe più in grado di pretendere dai governanti servizi pubblici adeguati alla misura del prelievo.

Mi si consenta di dubitare di questa conclusione.
La pressione fiscale che insiste sui redditi del lavoratore dipendente è chiaramente desumibile dalla sua busta paga. Se ciò non bastasse, le ritenute effettuate sono perfettamente visibili, nella loro dimensione quali-quantitativa, anche dalla certificazione che, di anno in anno, il datore di lavoro rilascia al sostituito.

Il discorso potrebbe essere ulteriormente sviluppato, chiedendosi, ad esempio, se l’esame della suddetta busta paga determini una semplice “consapevolezza formale”, non già sostanziale o effettiva, del concorso alle spese pubbliche. Potrebbe esserci, dunque, una differenza tra la suddetta “consapevolezza formale” e la “consapevolezza sostanziale”, dimodochè solo la seconda sarebbe capace di stimolare le conoscenze e di indurre il cittadino a un costante confronto tra l’imposta versata e i benefici ottenuti.

L’indagine ci porterebbe lontano. Ma a me pare che qui la questione scivoli sul terreno metagiuridico e che, in tutta franchezza, non serva sottoporsi ad una concreta, effettiva bastonatura per stabilire se simile percussione infligge dolore alla persona che la subisce.

I punti di forza della sostituzione tributaria sono tanti, basta avere gli occhi per vederli. Sul punto avrò modo di ritornare in un successivo lavoro scientifico.
 

18.11.2010
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